LA CRONICITÀ: COME VIVERLA, COME CURARLA
Cronicità e salute, “uno e doppio insieme” come la foglia di Ginkgo biloba cantata da Goethe? È da questa domanda che prende le mosse la riflessione di Dagmar Rinnenburger sulla cronicità, osservata in tutte le sue declinazioni.
L’autrice traccia un percorso che partendo dal nostro immaginario, nutrito da serie televisive di grande successo, descrive il peso della cronicità per la persona e le difficoltà del clinico nella cura di pazienti affetti da problemi cronici. Analizza quindi gli ostacoli incontrati nell’aderire alle terapie e le soluzioni che possono venire dall’educazione terapeutica e dalla robotica.
Rivolge poi un’attenzione particolare alle cure palliative, che debbono riguardare la totalità delle patologie d’organo e non solo la malattia oncologica. Ma, soprattutto, denuncia le risorse inadeguate messe a disposizione da un sistema sanitario più attento alle acuzie che alla cronicità e descrive, nel concreto, modi di affrontare il problema dal punto di vista medico-sanitario: le cure primarie, la medicina d’iniziativa e la medicina incrementale.
Un testo che, con il tono lieve di una conversazione e la ricchezza di numerosi riferimenti storici, narrativi, ma anche operativi, si rivolge a tutti coloro che vogliono riflettere su uno dei nodi cruciali della società contemporanea, proponendo un cambio di paradigma che renda la medicina di base il perno di una radicale trasformazione dell’offerta sanitaria.
This book comprehensively and critically discusses chronicity as a crucial challenge for the future of medicine in an era of
aging populations and the steady growth of non-communicable comorbidities. It describes how health systems that are still
designed and based on the treatment of acute diseases are suffering from crowded emergency rooms and growing conflicts
between patients, while medical staff increasingly face frustration and the risk of burn-out. not only shares her own clinical
and personal experience in the care of end stage COPD or ALS patients with respiratory insufficiency, but also explores how
primary care, incremental medicine and initiative medicine can improve the care provided for these patients. In turn, the
book examines how developing countries are facing the chronicity issue in their daily struggles with communicable diseases
like diarrhea and infections, and with non-communicable ones like obesity, diabetes and asthma. It also discusses the costrelated challenges that could accompany a possible paradigm shift from chronic to curable status, as was the case with
hepatitis C. Due to the inevitable link between chronicity and end of life, the author tactfully addresses palliative care,
focusing on the importance of shared decision-making as well as a full awareness of the future scenarios. life-long clinical
experience and stimulating discussion on a highly topical issue, this book appeals to a wide readership, from health
professionals through caregivers to patients with chronic conditions.
Potendo scegliere tra un vestito prodotto in serie e uno su misura, così come lo può confezionare un bravo sarto, non avremmo dubbi. La stessa preferenza possiamo trasporla alle cure mediche “sartoriali”, ovvero a quelle cure che rispettano il nostro profilo personale e non sono semplicemente uguali per tutti Il diritto riconosce l'autonomia nella scelta delle cure; la bioetica promuove l'informazione e il consenso. Ma la chiave che apre la serratura di una medicina personalizzata si chiama narrazione.
Perché attraverso la narrazione si comprendono le vicende del corpo, dalla nascita alla morte e i tortuosi sentieri della cura acquistano il loro completo spessore solo quando sono illuminati dalle arti narrative.
Perché attraverso la narrazione si guarisce: chi si trova delocalizzato nella terra ignota della malattia trova nel racconto e nella condivisione del suo vissuto una risorsa per accedere alla Grande Salute.
Perché attraverso la narrazione ci si cura: la "medicina che conta” - quella di precisione - non è l'antagonista di quella che si serve dell'ascolto e della comunicazione. Sono le due facce di un'unica medicina: la sola che la cultura del nostro tempo riconosce come “buona medicina”
Una morte “graziosa”? Fra le tante qualificazioni con cui si suole indicare una morte auspicabile – indolore, dignitosa, umana ... – non appare l’aggettivo “graziosa”. Eppure un legame tra questi termini appare fondato se il riferimento è alle divinità che la mitologia greca ha posto a tutela della bellezza.
Per quanto insolito e sorprendente, il percorso che accosta il senso della buona morte alle Grazie si rivela fecondo se ci si lascia guidare dai nomi delle tre Grazie e dai loro significati. Eufrosine, Aglaia, Talia: saggezza, serenità, pienezza. E dunque: la morte può essere crescita? Si può morire in uno stato d’animo equilibrato, avvolti in un manto di serenità? Cosa può fare, o omettere di fare, la medicina per assicurarci una morte buona/degna/umana? È questa in concreto la sfida.
Forte di una lunga pratica di ascolto dei bisogni espressi dagli operatori delle cure palliative e facendosi accompagnare da alcuni scrittori che hanno illuminato il tema, Sandro Spinsanti porta i lettori a riflettere sulle scelte relative alla morte invitandoli a riappropriarsene, rinunciando alle deleghe e alle complicità con chi si candida a decidere per noi.
Una morte “graziosa”, in braccio alle Grazie, è possibile ed è il supremo dono che la vita ci può offrire. Ma anche un compito spirituale e un impegno etico, se vogliamo promuovere una moderna cultura del vivere e del morire
Può la conversazione essere strumento e cardine della buona medicina? È quanto sostiene Spinsanti in questo volume che completa la sua trilogia dedicata ai modi della cura. L’idea, già ventilata al termine del primo volume (La medicina vestita di narrazione), e applicata al particolare momento del fine vita nel secondo (Morire in braccio alle Grazie), viene qui ripresa e approfondita, trasformata in progetto di nuova civiltà.
Venata da uno spirito sottilmente ironico e a tratti provocatorio, sostenuta da numerosi rimandi a opere artistiche e letterarie, la trattazione dimostra quanto sia urgente, in un momento in cui l’analfabetismo sociale pervade anche i rapporti di cura, recuperare una conversazione che coniughi leggerezza e profondità, ricerca di verità e tolleranza, realizzandosi come prodotto maturo della medicina narrativa.
Al di là di maggiori investimenti pubblici e di un’organizzazione sanitaria più efficiente, Spinsanti ritiene che la medicina moderna abbia bisogno di sostituire alla conversazione di natura paternalistica una nuova modalità di rapporto, in un clima di trasparenza, onestà, affidabilità reciproca. Anche quando il percorso di cura non dovesse aprirsi su uno scenario di guarigione.
Non ne beneficeranno solo coloro che ricevono le cure mediche, ma anche, e in misura non minore, quanti hanno fatto della cura la propria professione.
Di fronte a un mondo reso malato dal comportamento irresponsabile dell'uomo e in cui epidemie e pandemie impongono di riconsiderare il rapporto con la natura, Sandro Spinsanti avverte l'urgenza di riflettere sulle modalità di un'indispensabile crescita spirituale. E avverte: non potento più calcare la terra da padroni, dobbiamo adottare un atteggiamento rispettoso, il più leggero possibile, perché solo mettendoci sulla punta dei piedi e innalzandoci verso l'alto abbiamo qualche chance di sopravvivere. Ma come si declina questo cambio di passo?
L'autore posa lo sguardo su tutto ciò che nella concretezza della vita quotidiana si intreccia con la spiritualità, seguendo percorsi che incrociano religione e psicologia, arte ed ecologia, nutrimento e rapporto con gli animali, per poi soffermarsi sulla cura. E' infatti nel prendersi cura gli uni degli altri nei rapporti di intimità come in quelli sociali, nella cura della vita in tutte le sue forme (comprese quelle animali e vegetali), nel prendersi cura dei viventi quanto diventano fragili, ricorrendo alle professioni di cura e alla pietas, che per Spinsanti si delinea appieno quella spiritualità che permetterà all'umanità di ridefinire i propri comportamenti, conseguendo la piena realizzazione.